CONVEGNO DI PRIMAVERA
Occhiobello (RO) - 21-25 maggio 2015
Si è appena concluso il CONVEGNO DI PRIMAVERA, tenutosi a Occhiobello (RO) - 21-25 maggio 2015
IN POLESINE, TERRA D’ACQUE
IL CONVEGNO DI PRIMAVERA A OCCHIOBELLO (RO)
di Francesca Candotti
Il Convegno di Primavera si è svolto dal 21 al 25 maggio a Occhiobello, paese “di frontiera” tra Veneto ed Emilia-Romagna, tra la provincia di Rovigo, di cui fa parte, e la provincia di Ferrara, città che dista appena 10 Km. Lo lambisce il Po, il grande fiume che è stato nel corso della storia risorsa e via di comunicazione e commercio, dalla foce alla sorgente, ma anche causa di terribili alluvioni; ancora viva nella memoria degli anziani l’alluvione del novembre 1951, che sommerse più di metà dell’intero Polesine.
Terra d’acque, il Polesine, tra il Po e l’Adige, terra impregnata d’acqua, strappata all’acqua con bonifiche; anche terra d’acqua piovuta dal cielo per noi, che, ombrello alla mano, ci siamo perfettamente inseriti nel regno liquido del Po.
L’Hotel Unaway Occhiobello sorge nell’area appartenuta alla famiglia Savonarola, accanto alla quattrocentesca casa di campagna che fu del predicatore domenicano.
Gli ampi spazi dell’hotel accolgono giovedì pomeriggio la riunione dei delegati regionali e l’assemblea dei soci per le comunicazioni del Presidente Mimmo Staltari: anzitutto il suo caloroso benvenuto ai partecipanti, poi il ricordo dei soci scomparsi, la consegna di tessere ed attestati ai nuovi soci e ai soci benemeriti. Il revisore dei conti Giorgio Bruzzese riferisce sulla contabilità dell’Associazione, come sempre i conti tornano, non avevamo dubbi.
Molto interessante ed accolta con unanime consenso sia dai delegati regionali che dai soci la proposta del Presidente di promuovere l’iscrizione gratuita all’Associazione di giovani poeti vincitori di concorsi, con lo scopo di garantire il futuro dell’Associazione stessa e degli obiettivi che si propone, essendo evidente a tutti che l’età media dei soci è avanzata ed è tempo di innestare nuovi virgulti sul maestoso albero dell’ A.N.PO.S.DI.
Questi giovani, iscritti in elenchi particolari e divisi per età (fino a 18 anni e dai 18 ai 30) potranno godere di ogni diritto spettante ai soci. L’iscrizione sarà avallata dai delegati regionali, che sono ritenuti responsabili della scelta dei concorsi per la loro regione e che sono chiamati ad attivarsi per la loro individuazione. Il progetto pilota coinvolgerà per primo il Veneto, dove, a Bassano del Grappa, esiste da anni il “Premio Aque Slosse” con la sezione “Gino Pistorello” riservata ai giovani poeti.
Alcuni soci hanno segnalato all’assemblea iniziative e concorsi esistenti nella loro regione e che potrebbero essere coinvolti nel progetto.
Per la conoscenza del territorio il programma del Convegno prevede, come sempre, escursioni guidate che sono occasioni di arricchimento culturale ed umano, oltre che piacevole divertimento.
Venerdì 22 partiamo alla volta di Ferrara, città medievale e rinascimentale, governata dai marchesi d’Este a cominciare dal 1264 e fino al 1597, quando divenne feudo pontificio.
Inizio e termine del nostro itinerario la mole massiccia del Castello, costruito a scopo di difesa dopo la rivolta popolare del 1385, circondato da un largo fossato tuttora pieno d’acqua; e poi ampliato e modificato nei secoli seguenti per divenire dimora principesca che vide lo sfarzo di sontuose feste nelle sale affrescate e, nella buona stagione, sotto i porticati del cortile interno. Qui aleggia la presenza della leggendaria Lucrezia Borgia, figlia di papa Alessandro VI, moglie (al terzo matrimonio) di Alfonso I d’Este. Va detto che la sinistra fama di questo personaggio sembra sia immeritata; a Ferrara, infatti, la duchessa è passata alla storia per la sua attenzione nei confronti del popolo e per l’aver raccolto intorno a sé poeti e scienziati.
La città di Ferrara deve molto alla dinastia degli Estensi, che furono raffinati cultori dell’arte, specie della pittura e della musica, e di tutte le discipline. Artisti famosi, come Tiziano, frequentarono la corte, una delle più colte e sofisticate d’Europa nei secoli XV e XVI, lasciando nella città le loro opere. Tutta la parte nord della città fu creata su commissione di Ercole I d’Este dall’architetto Biagio Rossetti, a partire dal 1492, che fece di Ferrara la prima città moderna d’Europa. Ammiriamo il Palazzo dei Diamanti, Palazzo Prosperi-Sacrati, Palazzo Massari e molti altri.
Percorriamo alcune strade di quello che fu il ghetto ebraico, voluto all’inizio del ’600 dal governo pontificio. Non possiamo far a meno, passando davanti alla Sinagoga, ancora centro della vita degli Ebrei ferraresi, di ricordare le vicende dolorose legate all’ultima guerra e il romanzo ambientato in questa città, “Il giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani, che è sepolto a Ferrara nel cimitero ebraico.
Ritorniamo nella piazza principale, nei pressi del castello, dove sorge, di fronte al bel palazzo comunale, la splendida cattedrale del XII secolo, in stile romanico e gotico, ricca di statue, archi, colonne ed elementi decorativi. L’interno custodisce opere preziose: una per tutte, la Madonna della Melagrana di Jacopo della Quercia.
L’escursione del sabato ci porta in pullman al delta del Po per un giro in motobarca lungo i canali interni, con sosta e visita alla stazione di pesca n. 3. Ci fa da guida la dott.ssa Giulia Buzzoni, del Consorzio che si occupa di turismo nella zona del delta, ambiente unico nel nostro Paese, dal punto di vista naturalistico e del paesaggio. Abbiamo la fortuna di vedere, nella laguna, numerosi fenicotteri rosa, delicata macchia di colore nel paesaggio piovoso. Certamente sarebbe stato più suggestivo in una giornata di sole godere delle bellezze della natura e della ricca fauna che popola queste lagune: aironi, germani, svassi, sterne, gabbiani... con un cielo azzurro la nostra passeggiata sulle lingue di terra che si allungano nell’acqua salmastra ci avrebbe riservato poetiche emozioni. Però probabilmente non avremmo compreso con tanta immediatezza il mondo umano, il duro lavoro, i disagi, la lotta per la sopravvivenza testimoniati nella stazione di pesca e nel casone che abbiamo visitato. In questi edifici secenteschi, autentici musei, abbiamo visto suppellettili, strumenti e barche usati dai vallanti e le modeste stanze in cui vivevano numerosi con la famiglia. E’ stato più facile immaginare la loro vita in un ambiente umido, nebbioso, piovoso e freddo, qual è quello del delta; la vita in una terra strappata all’acqua che aveva nell’acqua si può dire l’unica fonte di sostentamento.
Pesce e soprattutto anguille: risorsa, ma contesa dai signori proprietari, che concedevano ai pescatori solo quel tanto per non morir di fame. E ci sembrava di vederli, i fiocinini, pescatori di frodo, poveri padri di famiglia, filare sulle agili barche per sfuggire alle guardie vallive, cercando di portare a casa il pesce preso con la fiocina!
La pesca, soprattutto quella dell’anguilla, dice la nostra guida, resta ancor oggi l’attività principale e il sistema di pesca è praticamente lo stesso da secoli, si avvale di bacini comunicanti che consentono di separare l’anguilla dall’altro pesce.
Se al mattino facciamo i turisti, nei pomeriggi ci dedichiamo invece ai lavori.
Il Convegno ci ha riservato delle relazioni molto interessanti.
Nel pomeriggio di sabato il prof. Giuseppe Chicchi, docente di Economia del Turismo della facoltà di Economia dell’Università La Sapienza di Roma, ci parla sul tema: “Lingua letteraria e dialetti in Dante Alighieri a 750 anni dalla nascita”.
Il professore, che già abbiamo avuto modo di apprezzare al Convegno di San Marino, introduce l’argomento ricordando che, oltre all’importante coincidenza dei 750 anni dalla nascita del sommo poeta, c’è anche un altro motivo per la scelta del tema, cioè il fatto che Dante, esule, abbia terminato i suoi giorni a Ravenna. Il Parco del Delta del Po è anche parco letterario, è memoria dei luoghi dell’esilio di Dante. Il poeta, ambasciatore dei Ravennati a Venezia, contrasse la malaria sulla via del ritorno, attraversando le zone acquitrinose del delta, e ne morì.
Il relatore pone al centro della sua chiara esposizione l’attenzione di Dante per le lingue native. La lingua volgare, afferma il poeta nel “De vulgari eloquentia”, è quella che apprendiamo dalla nutrice, poi c’è la lingua illustre, con le sue regole, ma nobilior est vulgaris. In essa risiede la potenzialità di diventare lingua della poesia e dell’arte. Ne sono esempio i poeti siciliani che alla corte di Federico II e Manfredi raggiunsero alti livelli di espressività. Dante traccia una prima mappa dei volgari italici, esprimendo giudizi piuttosto severi. Definisce il volgare romano il più brutto dei volgari italiani, simile anzi al turpiloquio; il veneto è così ispido di toni ed accenti da risultare rozzo; il romagnolo è femmineo; nemmeno il veneziano va bene e anche tutti gli altri volgari sono da scartare. Il bolognese tra i linguaggi parlati è il più bello, però, afferma Dante, non potrà mai essere il volgare illustre che si cerca. Nemmeno il toscano parlato, tant’è che i poeti migliori, che sono Cino da Pistoia e il suo amico (cioè lui, Dante) se ne sono discostati; similmente i poeti siciliani hanno usato un volgare più alto di quello parlato. Dante conclude che il volgare illustre deve appartenere a tutti e a nessuno. Il volgare italiano scaturirà dalle parlate italiche, ma sarà eccellente e perfetto come quello delle canzoni di Cino da Pistoia e del suo amico. Sarà una lingua viva che cambia nel tempo, mentre il latino non è corruttibile.
Il prof. Chicchi passa poi a considerare la situazione attuale, affermando che il dialetto ha una tale forza espressiva da poter resistere meglio e più a lungo agli attacchi della lingua inglese, che sta diventando una sorta di esperanto nella nostra epoca. La circolarità del dialetto può ancora arricchire la lingua, certamente “più degli inglesismi raccattati sul web”. Potrà scongiurare, ci chiediamo, l’allarme lanciato da un americano che profetizza, come ci dice il relatore, l’estinzione del 90 % delle lingue parlate attualmente sulla Terra entro cento anni? Si salveranno i dialetti, grazie alla forza del significante?
Altra relazione seguita con molta attenzione, nel pomeriggio di domenica 20, quella di Eusebio “Berna” Vivian, delegato A.N.PO.S.DI. delVeneto, sul tema “La poesia dialettale in lingua veneta. Autori contemporanei”.
La biografia, preparata e letta dalla nostra vicepresidente Pina Sozio, sempre precisa ed esauriente nel compito di presentare tutti i relatori, ci illustra i molti meriti di Eusebio, poeta, presidente e animatore di associazioni e gruppi, conferenziere sui problemi rurali, appassionato cultore dei valori e delle tradizioni della sua terra. Eusebio è un personaggio che mette l’anima in quello che fa, sia che curi il suo podere o ci parli di poesia.
E proprio con i personaggi esordisce nella sua relazione, i personaggi dei borghi che un tempo tenevano viva nella comunità la memoria delle cante e delle filastrocche, con le quali allietavano grandi e piccoli, in quella parlata veneta i cui confini vanno oltre la regione. Infatti i linguaggi del Trentino, della bassa Friulana, della Bisacheria (zona di Monfalcone), di Trieste, di tutta l’Istria fino alle coste albanesi sono di matrice veneta. Ovvero tutte le terre che furono dominio della Repubblica di Venezia, perchè, come dice il relatore con una bella metafora, “le lingue camminano con le storie e le gambe degli uomini”.
Partendo da quando la poesia era privilegio dei ricchi nei salotti veneti, Eusebio Vivian accenna alla sua diffusione dopo la I guerra mondiale per giungere alla nascita dei circoli di poesia dialettale dopo la seconda guerra. Cita associazioni e circoli dell’area veneta che hanno raccolto un buon numero di poeti ed hanno promosso e coltivato la poesia dialettale con concorsi, riviste, periodici, recite ed altre iniziative; fino a coinvolgere gli studenti, entrando nelle scuole. Da quarant’anni il Premio Aque slosse di Bassano del Grappa coinvolge scuole medie e superiori della città, in un lavoro guidato dagli insegnanti per la comprensione, la discussione, la critica dei componimenti dialettali premiati, offrendo inoltre ai poeti in erba l’opportunità di partecipare ad una sezione del Concorso loro riservata.
Il relatore si sofferma sugli autori più significativi dell’area veneta, su quelli che hanno fatto la storia della poesia dialettale veneta, e cita anche autori viventi che portano avanti con passione il testimone.
Da meditare la conclusione di Eusebio Vivian: l’uomo ha estremo bisogno di imparare ad amare. I poeti insegnano ad amare quando fanno vera poesia. Il poeta costruisce civiltà.
Considerazioni interessanti sono giunte anche dalle autorità locali, che ci hanno accompagnato in tutti i lavori del Convegno, seguendo con attenzione le relazioni e le nostre recite.
Il sindaco di Occhiobello rag. Daniele Chiarioni, manifestando il suo apprezzamento per gli scopi sociali dell’Associazione, mette in evidenza come mantenga viva qualcosa di importante, la tradizione dell’Italia unita.
Il dott. Sergio Gnudi, dirigente culturale/eventi/comunicazione del Comune di Occhiobello, dichiarandosi “felicissimo” di aver conosciuto la nostra associazione, ci comunica il suo interesse “personalissimo”, poiché è egli stesso poeta, difensore della cultura dialettale che è fondamentale nella cultura italiana ed è alla pari dell’altra cultura, come ha sostenuto nella sua tesi di laurea in letteratura. Si rammarica che in Italia la poesia non si venda, perchè trova pochi lettori, mentre in altri Paesi i poeti sono considerati quanto i musicisti e gli altri artisti.
Dalla dott.ssa Irene Bononi, assessore al turismo, insieme al suo saluto e ringraziamento a nome dell’Amministrazione, ci giunge qualche cenno sul dialetto di Occhiobello, che essendo comune di frontiera tra Veneto ed Emilia-Romagna ha un dialetto tutto suo, con termini dell’una e dell’altra regione.
Mi piace a questo punto ricordare anche don Paolo Cestarollo, giovane parroco di Occhiobello che nella chiesa arcipretale di S. Lorenzo diacono e martire ha celebrato la messa domenicale, come sempre con le nostre intenzioni in dialetto e l’offerta dei doni. I poeti, ha detto nell’omelia, in questo mondo che va in fretta, dove nessuno ha mai tempo, i poeti si prendono il tempo. Fermarsi, nel vortice dei giorni, per raccogliere i pensieri e le emozioni e regalarli come viatico: questo è in fondo il compito ed anche lo scopo del poeta.
E parlando di poeti, dobbiamo dire che i nostri recital, che hanno riempito gran parte dei pomeriggi, sono fondamentali nei nostri convegni: sono occasione di comunicazione e di confronto di contenuti, di stili, di modo di fare poesia; e ancora di dialetti, di accenti, di soluzioni ortografiche.
I motivi ispiratori sono stati molto vari: il mondo dei sentimenti e degli affetti, il ricordo del tempo passato, i luoghi cari, la riflessione sul mistero esistenziale, temi classici della poesia, espressi talvolta con originalità; ma nel contempo, altrettanto presenti i temi legati all’attualità, la satira pungente e la sottile ironia. Il commento del Presidente che ha introdotto ogni poesia ne ha colto con sensibilità i significati più profondi.
L’incontro con i poeti veneti ci ha permesso di conoscere delle nuove voci e di apprezzare le loro poesie.
La varietà dei dialetti contribuisce sempre a rendere specialissime le nostre recite. Come ha detto il dott. Sergio Gnudi, che ha seguito con molta attenzione le poesie declamate, “ogni poesia ha un colore diverso dato dalla peculiarità del dialetto in cui è espressa, che le conferisce una melodia interna che la lingua non ha.”
Di gran classe gli intrattenimenti musicali, per la maestria degli esecutori e per la scelta dei pezzi. Abbiamo assistito con vera estasi dell’animo al concerto “Contemporary Colors”, eseguito dai maestri Cristiano Gallian e Nick Muneratti che ci hanno fatto viaggiare tra parole, immagini sonore e musica; alle magiche melodie che si sono sprigionate dalla tastiera e dalle mani di Maurizio Malvano; alle cante suggestive del coro Bassano, diretto da Bruno Marin; e infine all’esecuzione magistrale del duo Janette e Beppe Malvano. C’è da aggiungere la chitarra e la voce di Giorgio Bruzzese, che come sempre ha simpaticamente allietato le nostre recite intervallando le poesie con le canzoni del suo repertorio.
E come dimenticare, parlando di intrattenimento, la “Ballata d’epoca” di Salvatore Calabrese, moderno Pulcinella che coglie con acutezza – e amarezza – il cambiamento dei tempi? Salvatore non smette di stupirci per la sua bravura e ad ogni convegno ci regala un pezzo da collezione.
Grazie a tutti, ognuno ha fatto la sua parte con impegno e passione, per questo sicuramente il nostro Presidente è stato generoso di riconoscimenti a chi ci è stato vicino e a chi si è prodigato per la buona riuscita di questo convegno: alle autorità, ai relatori, agli artisti, al direttore dell’hotel Thomas Zanettin, a Giorgio Bruzzese, a Francesco Gottardi per l’input dato al Convegno di Moltrasio, ad Adriana Vasirani per la disponibilità ad illustrare i luoghi della sua terra. Nulla sfugge al nostro Presidente, coadiuvato dall’instancabile moglie Teresa suo braccio destro, attenta ad ogni nostro desiderio o esigenza.
Non dico di più. Come ha detto Irene Sabatini nella sua poesia, “l’ parol bòn stann zitt, zitt / arpiatat drenta ’l cor” - le parole buone stanno zitte, zitte / nascoste dentro il cuore.